Ottavio Dantone è il protagonista del concerto dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai in programma giovedì 27 gennaio alle 20:30 all’Auditorium Rai di Torino.
L’evento è trasmesso in live streaming sul portale di Rai Cultura. E che sarà in replica venerdì 28 gennaio alle 20:00. Il concerto sarà inoltre registrato e trasmesso in differita su Radio3. I biglietti per il concerto, da 10 a 25 euro, sono in vendita online sul sito dell’OSN Rai e presso la biglietteria dell’Auditorium Rai di Torino.
Specialista del repertorio barocco, nato musicalmente come clavicembalista e organista, il maestro Dantone ha intrapreso giovanissimo la carriera concertistica. Ottenendo i primi premi ai Concorsi Internazionali di Parigi e di Bruges nel 1985 e nel 1986. Direttore musicale dell’Accademia Bizantina di Ravenna dal 1996, è ospite regolare dei più importanti teatri e festival internazionali, fra cui La Scala di Milano, i Festival di Salisburgo e Glyndebourne, il Theater an der Wien, l’Opéra Royal di Versailles e i Proms di Londra.
Per il suo ritorno con l’Orchestra Rai, che dirige regolarmente, Dantone propone in apertura di serata la Sinfonia n. 1 in do maggiore op. 21 di Ludwig van Beethoven. Il primo cimento di Beethoven con la forma sinfonica nacque quasi simbolicamente a cavallo tra due secoli: il Settecento e l’Ottocento. L’intento del compositore era di dedicare l’opera a un suo generoso sostenitore: l’arcivescovo Maximilian Franz. Ma data la scomparsa di quest’ultimo prima della pubblicazione della partitura, il musicista si vide costretto a dedicarla a un influente personaggio della corte di Vienna: il Barone Gottfried van Swieten. Un mecenate olandese già vicino a Mozart e ad Haydn.
Pienamente ottocentesca è invece la seconda sinfonia in programma: n. 4 in la maggiore op. 90 di Felix Mendelssohn-Bartholdy detta “Italiana”. È stata scritta durante il viaggio di formazione che il compositore fece nel nostro Paese tra il 1830 e il 1831. Fu eseguita per la prima volta alla Società Filarmonica di Londra il 13 maggio 1833, sotto la direzione dell’autore, che la descrisse come “il lavoro più gaio che io abbia mai finora composto, specialmente nel finale”.