Un matrimonio segreto e una serie di spassosi equivoci che coinvolgono una cugina curiosa, un ammiratore importuno, un seduttore inaspettato, un nevrotico tutore: sono i primi ingredienti della brillante farsa di Rossini. L’esperto basso buffo Carlo Lepore canta con i giovanissimi Eleonora Bellocci, Manuel Amati, Caterina Piva, Matteo Roma, Emmanuel Franco. La veronese Stefania Bonfadelli cura la sua prima regia al Teatro Filarmonico contestualizzando le gag rossiniane in un elegante negozio di stoffe anni ’30 con le scene di Serena Rocco, i costumi di Valeria Donata Bettella e le luci di Fiammetta Baldiserri.
La freschezza e il genio del giovanissimo Gioachino Rossini trovarono terreno fertile nell’ambito della farsa comica: tra i 18 e i 20 anni ne compose ben cinque solo per il Teatro San Moisè di Venezia, inaugurando un intensissimo ventennio in cui si trovò a scrivere quattro o cinque titoli ogni anno per diversi palcoscenici. La Scala di seta, che vide la luce nel maggio 1812, nonostante la musica di pregevole fattura e la trama che ammiccava al pubblico quella de Il Matrimonio segreto di Cimarosa, non ebbe un successo duraturo e dopo una dozzina d’anni cadde nell’oblio. Bisognò attendere gli anni ’50 del Novecento e soprattutto le cure pesaresi della Rossini Renaissance per ridare all’opera l’attenzione che meritava: a testimoniarne il valore basterebbe la sinfonia introduttiva, che non è mai uscita dal repertorio dei maggiori direttori d’orchestra del secolo scorso e di oggi. Ma oltre alla sinfonia c’è molto di più: in una struttura collaudata, una ricca invenzione melodica, un ritmo teatrale incalzante, comico e originale, già inconfondibilmente rossiniano, affidato a sei voci cui sono richiesti tanto doti belcantistiche quanto puntuale recitazione.
La vicenda. Il vecchio tutore Dormont ha destinato la sua protetta Giulia al ricco Blansac. Non sa che la ragazza ha già sposato in segreto l’amato giovane Dorvil e che lei lo fa salire nelle sue stanze di nascosto tutte le sere calando una scala di seta dalla finestra. Giulia deve quindi convincere il nuovo pretendente Blansac a sedurre non lei ma la cugina Lucilla, che sarebbe peraltro molto interessata: filerebbe tutto liscio se non ci mettesse il becco anche il servitore Germano, che unisce attenzioni non richieste per Giulia a molesta curiosità e scarso tempismo. Per una serie di imprevisti e divertenti equivoci, a mezzanotte tutti i personaggi si ritroveranno nella stessa stanza: qui Giulia e Dorvil saranno costretti a svelare il proprio segreto, perdonato e accolto con un sospirato lieto fine.
In questa nuova produzione, sono molti i giovanissimi interpreti che vantano già notevoli esperienze anche internazionali nel repertorio rossiniano: il soprano Eleonora Bellocci, appena applaudita a Verona in Rigoletto, è Giulia; l’amato Dorvil è interpretato dal tenore Matteo Roma, che debutta al Filarmonico, così come la Lucilla del mezzosoprano Caterina Piva, il frizzante Dormont del tenore Manuel Amati e il servo Germano del baritono Emmanuel Franco. Un vero lusso è il Blansac dell’illustre basso buffo Carlo Lepore, che anche simbolicamente, e sempre nel segno di Rossini, torna sul palcoscenico dove è stato protagonista nell’ultima produzione de L’Italiana in Algeri, interrotta dalla pandemia nel 2020, quindi pioniere l’anno successivo ne Il Barbiere di Siviglia, prima opera trasmessa in streaming.
A dirigere l’Orchestra areniana è un altro giovane di talento con diverse esperienze all’attivo nel repertorio operistico, in particolare mozartiano e rossiniano: il tedesco Nikolas Nägele, anch’egli dopo un primo concerto sinfonico con i complessi artistici veronesi avvenuto nell’autunno 2020 senza pubblico in sala, trasmesso in streaming e tuttora disponibile sul canale youtube e sulla webtv di Fondazione Arena. Per la prima volta a Verona, il maestro Nägele dirige La Scala di seta integralmente nella sua edizione critica.
La Scala di seta prosegue un dialogo storico fra i palcoscenici veronesi e la musica del Cigno di Pesaro, che dalle prime esplorazioni degli anni ’90 è ripreso solo negli ultimi anni: accanto al fortunato Barbiere di Siviglia (opera recentemente anche areniana), alla già citata Italiana e Cenerentola, recentemente il Teatro Filarmonico ha visto in scena per la prima volta alcuni importanti titoli, come La Gazza ladra, Il Viaggio a Reims, nonché la Petite messe solennelle.
Lo spettacolo in scena da domenica 27 marzo è affidato ad un’altra artista importante, anche rossiniana, di origini veronesi ma dalla carriera internazionale, prima come soprano, quindi come regista: è in questa veste che debutta al Filarmonico Stefania Bonfadelli a capo di un team creativo interamente femminile, comprendente la scenografa Serena Rocco, la costumista Valeria Donata Bettella e la light designer Fiammetta Baldiserri. Le gerarchie sociali ed economiche, i rapporti personali e lo humour originali di Rossini sono rispettati, anzi amplificati dalla drammaturgia che colloca la vicenda in un negozio di stoffe anni ’30: cosa che permetterà, fra gag e stoffe pregiate, anche la comparsa di una vera scala di seta.
«Questa nuova produzione prosegue il mandato culturale e sociale di Fondazione Arena per il suo pubblico, sia per gli affezionati che per i nuovi spettatori – dichiara il Sovrintendente e Direttore Artistico Cecilia Gasdia. – Per Verona infatti, La Scala di seta è allo stesso tempo una nuova scoperta e un divertimento: la trama e la musica di Rossini garantiscono il pieno godimento al pubblico di ogni età ma fungono anche da banco di prova per tutti gli esecutori. I solisti devono avere vocalità da virtuosi e tempi teatrali serrati, mentre alla nostra Orchestra sono richieste leggerezza e trasparenza che consacrano Rossini quale massimo autore comico, fuori dal tempo».
«La Scala di seta è un’opera di bellezza pura – prosegue il Maestro Nikolas Nägele – di un Rossini ventenne ma già molto maturo: è una farsa in un atto nel segno della tradizione buffa ma con un linguaggio personale e una struttura tipica delle grandi opere a venire».
«Mettere in scena Rossini è sempre un impegno, ma innegabilmente una grande gioia, – conclude la regista Stefania Bonfadelli – perché Rossini è come noi. Noi italiani, intendo: buffo, ironico, un po’ larmoyant, mai scontato, inguaribilmente individualista ed egocentrico, sempre pronto a stupire, appassionante nella sua “follia organizzata”».
L’esilarante farsa rossiniana, in un unico atto di 90 minuti circa, debutta domenica 27 marzo alle 15.30 e replica mercoledì 30 marzo (alle 19), venerdì 1 aprile (alle 20) e domenica 3 aprile (alle 15.30).